Il Catalogo
drammaturgia e regia Angela Di Maso
interpreti Massimo Finelli, Patrizia Eger, Giuseppe Cerrone
scenografia Armando Alovisi
disegno luci Cesare Accetta
tecnico luci Cinzia Annunziata
costumi Alessandro Varriale
grafica exstudio
“Spettacolo che gioca di paradossi, con i coniugi costretti a fare i conti con un “oltre” interiore che li porterà ben più lontano e l’esame del “catalogo” proposto da un ambiguo, ed odioso, venditore diventa occasione per un percorso difficile e duro in cui la “sterilità” diventa simbolica e più ampia malattia. Costruito come un thrilling psicologico, ha atmosfere ambigue e tese in rapido percorso di sgradevoli ansie dolorose, ed attori, Massimo Finelli, Patrizia Eger e Giuseppe Cerrone, convinti ed intensi.” Giulio Baffi
sinossi
Eric e Rose Portman sono una coppia sposata e impossibilitata ad avere figli. La burocrazia in materia di adozioni è lenta e perciò decidono di rivolgersi a un’azienda “sperimentale” che a suo dire risolverebbe il problema, fornendo loro un bambino, immediatamente.
Ciò che sembra essenziale è la scelta del giusto catalogo in cui sono elencate tutte le caratteristiche, fisiche e caratteriali, del tanto anelato “bambino perfetto”.
Ad accoglierli in azienda sarà un eccentrico addetto alle vendite, il signor Law, che invece di dare loro il desiderato catalogo li consegnerà a se stessi e alle menzogne che reggono il desiderio di un figlio e la vita di coppia.
documenti
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note di regia
“L’utero è una scatola. Di quelle che custodiscono e proteggono cose preziose; che sanno di lunghi viaggi. Veniamo fuori. Incontaminati. Buoni. Bramiamo l’accoglienza dell’altro. Sappiamo che è solo nell’incontro, la nostra crescita. Ma l’altro è quasi sempre cattivo, e quando bene e male si incontrano, non è più facile distinguerli. Distinguerci”.
Ho sempre considerato il concetto di nascita del filosofo Hans Jonas una sintesi perfetta di ciò che i rapporti umani sono divenuti.
Siamo diffidenti. Dinanzi alla bontà restiamo perplessi, abituatici più al pressapochismo che all’approfondimento affettivo. Il concetto di disinteresse poi, non solo non ci appartiene più, ma per ottenere ciò che diciamo di volere siamo disposti a tutto, anche a fingere, per una vita intera, di essere altro dal nostro essere.
i tre protagonisti
Sono una (im)perfetta sintesi della bruttura umana. Ognuno ha uno scopo preciso: Rose vuole un bambino a tutti costi e per averlo le occorre un marito verso il quale prova un dissimulato rancore; ad Eric la loro vita in due piace: è lui l’unico bambino da accudire, ma finge di volere questo figlio quanto Rose, per compiacerla. E poi c’è il sig. Law, l’addetto alla vendita di un’azienda che costruisce, per genitori imperfetti, bambini perfetti da scegliere su un fantomatico catalogo.
Law schernisce e umilia i Portman, smascherando le loro vere nature, i loro veri sentimenti. E infingimenti. Non si tratta solo di puro sadismo, da parte dell’addetto alla vendita, ma di voler chiamare le cose col proprio nome. E se si chiama infelicità, che infelicità sia.
E’ necessario mostrare le cose per quelle che sono, mostrarci per quello che siamo.
Ho cercato di costruire uno spettacolo nudo e diretto, in cui il movimento è statico. Ciò che si muove è la sola parola. La rabbia è repressa, e repressione. L’inumanità è pòrta con gentilezza; perché si sa, la gentilezza è la più potente delle armi. Nel bene. Nel male.